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Studi & Reviews


La Finestra sul Cortile
Rear Window
(1954)

 

La sceneggiatura in lingua originale

Final White Script - December 1, 1953.
Written by John Michael Hayes.
From the Short Story It Had To Be Murder by Cornell Woolrich.

Produced by Paramount.
formato PDF

1954
 

Reviews

 

Nascosti nel buio

Accettando quella lontana chiacchierata con Truffaut, Hitchcock ci ha dato, insieme a tante illuminazioni, una fregatura. Non possiamo più parlare dei suoi film col sussiego di chi ne scopre le intenzioni e vede il mistero (profondo) dei significati dietro a quello (innocente) delle trame. Il maestro ci toglie la parola e, anche quando nel libro annuisce al suo interlocutore:”Certo, è proprio così”, confessa che non c’è niente di temerario da svelare, niente che lui stesso non abbia già messo in conto. Oggi si dovrebbe avvertire, a proposito di tutta l’opera di Hitchcock, più che di non raccontare i finali, di non dire, per favore, la metafora.
Ma al gioco non si resiste (Hitchcock i suoi capolavori li faceva apposta, per farci divertire…) e allora verrebbe voglia di aggiornare la sacrosanta affermazione di Truffaut secondo la quale “James Stewart, dalla sua finestra, si trovava nella situazione di uno spettatore che guarda un film”… Magari fosse vero. Significherebbe che è uscito di casa ed è andato al cinema. Invece Stewart se ne sta disteso immobile in soggiorno (ha una gamba ingessata, poveretto) e guarda la televisione. In mano ci sembra che abbia un binocolo (gli serve per spiare nel palazzo di fronte) ma in realtà impugna un telecomando. Le finestre sul cortile sono tanti canali che ha disposizione: con un semplice gesto può cambiare programma. E può spaziare dall’intrigo (la signora cui viene ucciso il cagnolino) all’intermezzo erotico-sentimentale (gli sposini in luna di miele), persino ad una sorta di telegiornale in progress (il pianista che compone il suo motivo), e via discorrendo, fino al piatto forte di Raymond Burr che (forse) ha fatto a pezzi la moglie.
Qui volendo le analogie si sprecano. Non è prerogativa dello spettatore di usare il telecomando come mezzo di potere? Come lo strumento che gli dà la sensazione di essere lui a far esistere quel dato spettacolo? L’arma del telecomando decide la vita e la morte, toglie di mezzo quello che non ci piace e fa sopravvive quello che ci interessa; e che immaginiamo che interessi anche agli altri, sensibili come noi al Bene e al Bello. Nel film cosa fa James Stewart se non impiegare tutte le sue forze per dimostrarci che ha scelto il canale giusto, quello che ci farà scoprire un feroce delitto? E così facendo non vuole diventare protagonista anche lui di quel programma, giustificando il suo stato di guardone passivo? “Certo, è proprio così” direbbe il Sommo. Ma noi stavamo solo giocando. 

Gianni Amelio, (Regista) - (Tratto dalla rivista Film-TV)

 

 

Sesso e Suspense 

Quando affronto il problema del sesso al cinema, non dimentico mai che, ancora una volta, è la suspense che comanda. Se il sesso è troppo dirompente, non c’è più suspense. Cos’è che mi porta a scegliere attrici bionde e sofisticate? La ricerca di donne di mondo, di vere dame pronte a diventare puttane in camera da letto. La povera Marilyn Monroe aveva la sessualità stampata su tutta la sua figura, come Brigitte Bardot: e questo non è fine. Credo che sessualmente parlando le donne più intriganti siano quelle britanniche. Credo che le inglesi, le svedesi, le tedesche del nord e le scandinave siano più interessanti delle latine, italiane o francesi. Il sesso non deve essere esibito. Una ragazza inglese, con la sua aria da istitutrice, è capace di salire con voi su un taxi e, con vostra grande sorpresa, di slacciarvi i pantaloni. Con attrici come Marilyn Monroe, Sophia Loren, Brigitte Bardot, non può esserci sorpresa, non può esserci scoperta del sesso. Pensi all’inizio di “Caccia la ladro”. HO ripreso Grace Kelly impassibile, un’aria classica, molto bella e molto glaciale. Ma, quando in albergo Cary Grant l’accompagna alla porta della sua stanza, lei cosa fa? Appoggia direttamente le labbra su quelle di lui. 

Alfred Hitchcock, (“Il cinema secondo Hitchcock” di François Truffaut)