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Studi & Reviews


Intrigo Internazionale
North by northwest

(1959)

 

La sceneggiatura in lingua originale

Shooting Script - August 12, 1958.
Written by Ernest Lehman.
Produced by MGM.
formato PDF

1959
 

Reviews

 

 

La pazzia di Sir Hitchcock 

Diceva Jean-Luc Godard che Alfred Hitchcock era un grande regista anche perché sapeva immaginarsi una storia semplicemente dopo aver visto qualche immagine in giro. Vedeva, per esempio, un mulino a vento e si diceva: “Guarda un po’, se le pale di quel mulino si fermassero… che cosa significherebbe? Ah, sarebbe il segnale di qualcuno che si è nascosto la dentro”, e cominciava a rimuginare un soggetto, era capace di inventarlo, o magari comprava i diritti di un libro che lo aiutasse a sviluppare la sceneggiatura. Ma era in grado di vedere già tutte le inquadrature, a partire da quella prima immagine che un giorno gli era capitata davanti per caso…
Hitchcock nel monte Rushmore si sarà imbattuto decine di volte, magari solo in cartolina, e voglio pensare che qualche sforzo l’abbiano fatto -lui e lo scrittore Ernest Lehman- per costruire tutte le peripezie che portano Cary Grant ed Eva Marie Saint su quei faccioni scolpiti nella roccia. “Intrigo Internazionale” è nato da quella meta turistica di tipico gusto americano dove si svolge la parte finale, come “Il prigioniero di Amsterdam” nacque dal mulino a vento. Anche “Sabotatori” si ricorda per l’ultima scena sulla Statua della Libertà, nonostante prima, per un paio di ore, ne succedano di tutti i colori. I due film un po’ si assomigliano e in entrambi è piuttosto complicato stare dietro ai colpi di scena continui. Sarebbe un difetto grave, ma non con Hitchcock, il quale tra pretesti e svincolamenti, ti porta sempre dove vuole lui, alla faccia della verosimiglianza e della logica.
Soprattutto nei suoi film più leggeri (quelli a colori con Cary Grant, ben distinti da quelli a colori con James Stewart), Htchcock racconta vicende complicate di cui a lui per primo non interessano le cause. Perciò ci conduce senza sforzo a dipanare la matassa sapendo che quello che conta è il come, non il perché. A proposito di un’altra sequenza celebre di “Intrigo Internazionale”, quella dell’aereo che insegue il protagonista per i campi di mais, François Truffaut notava giustamente che il suo fascino stava proprio nella sua totale gratuità, e che per questa ragione il cinema di Hitchcock diventava un arte astratta, come la musica. Hitchcock annuiva sorridendo: “il gusto dell’assurdo io lo pratico” confessava ”come una religione”.
Ma che significa il titolo originale “North by Northwest”? E’ quello che dice di sé Amleto: sono pazzo solo a nord nord-ovest, cioè ci sto perfettamente con la testa, anche se gli altri pensano il contrario. Una riflessione che sembra fatta apposta per Hitchcock, un’ epigrafe per almeno metà dei suoi capolavori.  

Gianni Amelio, (Regista) - (Tratto dalla rivista Film-TV)

 

 

La fermata nel deserto 

Thornhill è spinto sul tracciato dell’avventura dal “punto di fuga” del cinema di Alfred Hitchcock: il ribaltamento della normalità. “Intrigo Internazionale” rilegge “Il club dei trentanove” di John Buchan, il fulgore del periodo inglese e impone all’esperienza americana lo splendore della spy story (…). La Rappresentazione inizia con la negazione del viaggio: il bus perduto nel ”Cameo” di Hitchcock. Nel gesto di rassegnazione del regista si nasconde lo spettacolo che sta per cominciare: e la messa in scena invece non potrà mai abbandonare il ritmo dell’itinerario, il continuo spostamento, la cancellazione dell’attesa passiva. Quando Thornhill accetta la “fermata nel deserto” rischierà di essere travolto e ucciso; solo con la corsa vincerà la partita con la morte (e con la non-conoscenza). Le regole della casualità impongono la caduta dell’identità e il sovrapporsi del doppio: Roger/Eve, Van Damm/il professore, Klapan/Townsend. Roger Thornhill (con la maschera diu Cary Grant, il commediante perfetto) è staccato da quella vita troppo banale che gli era costata due divorzi. Ha detto Hitchcock: “Ho voluto reagire contro un vecchio stereotipo: l’uomo è andato in un posto in cui probabilmente sarà ucciso. Ora, che cos’è che si fa di solito? Una notte nera in uno stretto incrocio della città. La vittima attende in piedi sotto la luce di un lampione. Il selciato è ancora bagnato da una pioggia caduta da poco. Primo piano di un gatto nero che corre furtivamente lungo un muro. Inquadratura di una finestra con il viso di qualcuno che, cercando di non farsi notare, tira la tenda per guardare fori. Si avvicina lentamente una limousine nera, ecc… Mi sono chiesto: quale sarebbe l’esatto contrario di questa scena? Una pianura deserta, in pieno sole, né musica, né gatto nero, né viso misterioso dietro la finestra”. 

Natalino Bruzzone, Valerio Caprara, (I film di Alfred Hitchcock, Roma, 1976)